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Archeologia: News, Tutto ciò che riguarda l'archeologia e le scoperte più interessanti

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view post Posted on 24/4/2010, 23:24
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Semplicemente patetico.
Non parliamo dell'obelisco restituito a spese nostre , che ora prende polvere e sabbia nella massima trascuratezza.
Noi europei stiamo diventando i poveri fessi e bastonati del mondo.
 
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Dante_Sparda
view post Posted on 25/4/2010, 00:06




CITAZIONE (Godzilla. @ 25/4/2010, 00:24)
Semplicemente patetico.
Non parliamo dell'obelisco restituito a spese nostre , che ora prende polvere e sabbia nella massima trascuratezza.
Noi europei stiamo diventando i poveri fessi e bastonati del mondo.

verissimo godz! Per quanto riguarda l'alluce,in effetti anche a me sembra ridicolo..pare che sia un oggetto talmente prezioso che il mondo non ne possa fare a meno XD
 
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view post Posted on 3/10/2013, 18:54
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Sensazionale : scoperta una gigantesca piramide nell’Oceano Atlantico – FOTO

Scoperta sensazionale : ritrovata una Piramide di circa 60 metri di altezza sul fondo dell’Oceano Atlantico. FOTO e news.

Scoperta sensazionale/Davvero una bellissima scoperta effettuata nell’Oceano Atlantico, in corrispondenza delle Azzorre. È stata ritrovata una piramide con unabase di 4 lati alta circa 60 metri, la quale ricopre un’area di circa 8.000 metri quadrati, insomma un vero colosso. È stata scoperta per caso, nel bel mezzo dell’Oceano, precisamente nel tratto di mare compreso tra l’Isola di Terceira e quella di San Miguel. (Azzorre).

piramide
piramide-bermuda-2

La scoperta sensazionale è stata effettuata da Diocleciano Silva, il quale grazie ad un sistema sonar di rilevamento digitale, ha individuato sul fondale la presenza di questa strana montagna dalla forma insolitamente regolare. A quanto sembra, la scoperta risale a qualche mese fa, ma l’annuncio è stato dato solo ora.
Che là sotto ci sia qualcosa di interessante è confermato anche dal Governo di Lisbona: la piramide ora è oggetto di indagini da parte della Marina portoghese. Ma- ha aggiunto Luiz Fagundes Duarte, segretario regionale per la Pubblica Istruzione- è da escludere che si tratti di un manufatto umano, vista la sua posizione, a circa 40 metri di profondità nell’oceano.

Opinione non condivisa da Silva. “Non credo proprio che sia di origine naturale”, ha detto al giornale locale Diario Insular, dopo averne studiato le peculiari caratteristiche. Oltre ad avere una base quadrata, infatti, la struttura sembra anche perfettamente definita ed è esattamente orientata rispetto ai punti cardinali proprio come la Grande Piramide di Giza. Potrebbe dunque essere la testimonianza, ormai sommersa dal mare, di una civiltà fiorente in epoche remote proprio alle Azzorre.

http://www.inmeteo.net/blog/2013/09/27/sen...atlantico-foto/
 
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Swanee >Tom >Richard Croft
view post Posted on 4/10/2013, 14:22




La piramide potrebbe essere un reperto costruito dall’antico popolo di Atlantide, tra l’altro, una delle collocazioni maggiormente citate per questa fantastica civilta’ sono proprio le Azzorre, secondo alcuni cime di quelle che una volta erano le montagne di una vallata.

CITAZIONE
“Non credo proprio che sia di origine naturale”, ha detto al giornale locale Diario Insular, dopo averne studiato le peculiari caratteristiche"

Altra assurdita’ che leggo in rete, la piramide potrebbe essere stata costruita prima dell’ultimo grande scioglimento dei ghiacci, cioe’ quando le terre attualmente sotto una certa altezza d’acqua erano all’asciutto.
 
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view post Posted on 24/2/2016, 22:08
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SCOPERTA LA TOMBA DI NEFERTITI: ERA DENTRO QUELLA DI TUTANKHAMON

E' stata dichiarata la scoperta della tomba di Nefertiti, era all'interno di quella del faraone bambino Tutankhamon.

Tutankhamon continua a far parlare di se: a quasi cento anni dalla scoperta della sua tomba, una delle più importanti rivelazioni nella storia dell'archeologia mondiale, è stata trovata anche la tomba di Nefertiti, regina vissuta approssimativamente nel XIV secolo Avanti Cristo: stando alle parole ed agli studi effettuati dall'archeologo inglese Nicholas Reeves, studioso della University of Arizona, la tomba della regina Nefertiti si troverebbe all'interno di quella di Tutankhamon. La tomba è stata scoperta nel 1922 nella Valle dei Re dall'archeologo inglese Howard Carter, allora non c'erano televisione ed internet ma la scoperta fece letteralmente il giro del mondo.

La scoperta è stata dichiarata, ma per l'ufficializzazione occorrerà attendere molto più tempo, in quanto si pensa che questa piccola rivelazione possa in realtà portare ad una scoperta archeologica che ha dell'impensabile, in quanto si pensa che la tomba di Tutankhamon sia solamente l'anticamera della tomba di Nefertiti, considerata ben più importante ed influente dagli antichi egizi (Nefertiti era la madre del giovane faraone bambino Tutankhamon). Se l'intuizione del giovane archeologo americano fosse vera, saremmo ai margini di una delle scoperte archeologiche più importanti di tutti i tempi. Fin dai tempi della scoperta di Tutankhamon, gli archeologi furono sconcertati dalle piccole dimensioni della tomba del faraone bambino, dunque ora si pensa che Tutankhamon sia stato ospitato dentro una camera aggiuntiva realizzata ai margini della tomba di Nefertiti.
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view post Posted on 8/2/2017, 21:29
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Archeologia: a Firenze l’unica copia esatta della tomba di Tutankhamon

6 febbraio 2017

"Entrando nella tomba di Tutankhamon che abbiamo ricostruito - spiega l'egittologa e ideatrice del progetto scientifico Donatella Avanzo - si respira un fascino sospeso"

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Sarà l’Egitto l’ospite speciale della terza edizione di TourismA, il Salone internazionale dell’Archeologia al Palazzo dei Congressi di Firenze da venerdì 17 a domenica 19 febbraio. Per celebrare la civiltà della terra del Nilo, arriva in anteprima assoluta per la Toscana l’unica copia esatta della celebre tomba di Tutankhamon scoperta dall’inglese Haward Carter nel lontano 1922. È questo uno dei “regali” più attesi dal pubblico della manifestazione fiorentina (oltre diecimila presenze nella passata edizione) che potrà visitare (gratuitamente) la meravigliosa camera funeraria, ricostruita in scala 1:1 dalle abili mani dell’artigiano e appassionato di egittologia Gianni Moro. Si tratta di una vera e propria opera d’arte, proprio come l’originale rivenuta nella Valle dei Re, a cui si è giunti dopo anni di studio e lavoro su progetto scientifico delle università di Torino, Padova e Venezia. Riprodotta al millimetro in scala reale, la tomba del “faraone fanciullo” salito al trono all’età di otto anni e morto a soli diciannove, ripropone anche le copie esatte di gioielli, oggetti e perfino il famoso trono regale. Non solo. All’interno della tomba così come la scoprì Carter, vi erano anche tre anfore contenti tre diversi tipi di vino. Uno di questi, il più alcolico e dolciastro, che doveva aiutare secondo le credenze a far rinascere il sovrano, era denominato Shedeh. Ebbene, con la stessa etichetta oggi quel vino – grazie al ritrovamento nella tomba stessa di Tutankhamon di alcuni semi utilizzati e alla disponibilità di un produttore vinicolo di Treviso che si è cimentato nell’impresa – è stato riprodotto e sarà presentato per la prima volta proprio a TourismA. Per costruire la copia perfetta della tomba sono stati necessari tre anni. Pazienza, rigore e passione le armi vincenti dell’équipe che adesso può mostrare al pubblico una delle più incredibili scoperte dell’egittologia. “Entrando nella tomba di Tutankhamon che abbiamo ricostruito – spiega l’egittologa e ideatrice del progetto scientifico Donatella Avanzo – si respira un fascino sospeso, come se fossimo accolti anche noi nell’aldilà del sovrano. Sono sicura che per i visitatori sarà un viaggio incredibile”.
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view post Posted on 8/2/2017, 22:31
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L'archeologa Lara Croft è ormai abituata ahaha
 
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Mille anni fa gli uomini primitivi usavano cocaina e altre piante psicotrope: trovato fascio rituale in una sepoltura

In un fascio rituale di una sepoltura umana boliviana sono state ritrovate cocaina e altre sostanze psicotrope

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Mille anni fa, i nativi americani del Sud America usavano più piante psicotrope – con molta probabilità simultaneamente – per indurre allucinazioni e alterare la coscienza, secondo un team internazionale di antropologi. “Sapevamo già che gli psicotropi erano importanti nelle attività spirituali e religiose delle società delle Ande centro-meridionali, ma non sapevamo che queste persone usavano così tanti composti diversi e forse li combinavano insieme“, ha detto Jose Capriles, assistente professore di antropologia, Penn State. “Questo è il maggior numero di sostanze psicoattive mai trovate in un singolo assemblaggio archeologico dal Sud America“.

I ricercatori stavano cercando antiche occupazioni nei rifugi di roccia a secco dell’ormai asciutta valle del fiume Sora nella Bolivia sudoccidentale quando hanno trovato un fascio rituale come parte di una sepoltura umana. Il fascio – legato in una borsa di cuoio – conteneva, tra le altre cose, due compresse per tabacco da fiuto (usate per polverizzare le piante psicotrope in tabacco da fiuto), un tubo da tabacco da fiuto (per fumare piante allucinogene) e una busta composta da tre musi di volpe.

Il team ha utilizzato la datazione al radiocarbonio con spettrometria di massa dell’acceleratore per determinare l’età della borsa in pelle esterna e ha scoperto che aveva circa 1.000 anni. “Questo periodo in questo luogo è associato alla disintegrazione dello stato di Tiwanaku e alla nascita di politiche regionali“, ha precisato Capriles. Inoltre, il team ha utilizzato un bisturi per ottenere una minuscola raschiatura dall’interno della custodia del muso di volpe e ha analizzato il materiale utilizzando la cromatografia liquida con spettrometria di massa in tandem.

“Questo metodo è altamente sensibile e molto efficace per rilevare la presenza di minuscole quantità di composti specifici da campioni molto piccoli“, ha affermato Melanie Miller, postdottorato presso l’Università di Otago, in Nuova Zelanda, e affiliato di ricerca presso l’Università della California, Berkeley, che era responsabile dell’analisi dei campioni.

I ricercatori hanno identificato la presenza di più composti psicoattivi – cocaina, benzoilecgonina (il metabolita primario della cocaina), armina, bufotenina, dimetiltriptamina (DMT) e possibilmente psilocina (un composto presente in alcuni funghi) – da almeno tre diverse specie vegetali (probabilmente Erythroxylum coca , una specie di Anadenanthera e Banistesteriopsis caani). Secondo Capriles, la custodia del muso di volpe apparteneva probabilmente a uno sciamano.

“Gli sciamani erano specialisti rituali che avevano conoscenza delle piante e di come usarle come meccanismi per interagire con esseri soprannaturali, compresi antenati venerati che si pensava esistessero in altri regni“, ha detto Capriles. “È possibile che lo sciamano proprietario di questa sacca abbia consumato contemporaneamente più piante diverse per produrre effetti diversi o estendere le sue allucinazioni“. Capriles ha osservato che la co-occorrenza di armina e DMT, che sono gli ingredienti primari dell’ayahuasca – una bevanda che si dice induca allucinazioni e alterazione della coscienza – nella confezione suggerisce l’uso di questa bevanda come uno dei farmaci nella kit di sciamani.

“Alcuni studiosi ritengono che l’ayahuasca abbia origini relativamente recenti, mentre altri sostengono che potrebbe essere stato usato per secoli o addirittura per millenni”, ha detto Capriles. “Data la presenza di armina e DMT insieme nel sacchetto che abbiamo trovato, è probabile che questo sciamano abbia ingerito questi contemporaneamente per raggiungere uno stato allucinogeno, sia attraverso una bevanda, come l’ayahuasca, sia attraverso un tabacco composito che conteneva queste piante in un singola miscela. Questa scoperta suggerisce che l’ayahuasca potrebbe essere stata usata fino a 1.000 anni fa. ”

Non solo la presenza di numerosi composti suggerisce l’uso simultaneo di farmaci e l’uso precedente dell’ayahuasca, in particolare, ma indica anche intricate conoscenze botaniche da parte del proprietario del sacchetto e uno sforzo per acquisire piante allucinogene, poiché le piante provenivano da diverse regioni del Sud America per lo più tropicale.

“La presenza di questi composti indica che il proprietario di questo kit ha avuto accesso ad almeno tre piante con composti psicoattivi, ma potenzialmente anche a quattro o cinque“, ha affermato Miller. “Nessuno dei composti psicoattivi che abbiamo trovato proviene da piante che crescono in questa zona delle Ande, indicando la presenza di elaborate reti di scambio o il movimento di questo individuo attraverso diversi ambienti per procurarsi queste piante speciali. Questa scoperta ci ricorda che le persone in il passato aveva una vasta conoscenza di queste potenti piante e dei loro potenziali usi, e le cercavano per le loro proprietà medicinali e psicoattive“.
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Colosseo: ecco come sarà con la nuova copertura

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3 maggio 2021

L’ambizioso progetto per la realizzazione dell’arena del Colosseo è stato affidato allo studio veneziano-milanese Milan Ingegneria a seguito del bando di gara del dicembre scorso. Sarà realizzato entro il 2023.
Nell’immagine (sotto) una ricostruzione di come apparirà il monumento con la copertura totale dell’arena.

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Un progetto che divide

Vi proponiamo a seguire il contributo di Giuliano Volpe, ordinario di Archeologia all’Università di Bari e già presidente del Consiglio superiore Beni culturali e paesaggistici, tra i primi a sostenere il progetto. Pubblichiamo anche l’opinione di Sergio Rinaldi Tufi, già docente all’Università di Urbino, che sintetizza le posizioni critiche.

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Giuliano Volpe: i perché del sì

L’idea fu lanciata nel 2014 da Daniele Manacorda in un breve articolo. Fu poi mia la responsabilità (secondo alcuni la “colpa”), allora in qualità di presidente del Consiglio superiore Beni culturali e paesaggistici, di illustrare la stessa idea al ministro Dario Franceschini, che ne rimase folgorato da subito.

Dalla teoria alla fattibilità

Ora è stato finalmente presentato il progetto, preferito tra gli undici visionati da una commissione qualificata, della quale hanno fatto parte vari studiosi e specialisti (Salvatore Acampora, Alessandro Viscogliosi, Stefano Pampanin, Michel Gras e Giuseppe Scarpelli). Le soluzioni adottate sembrano molto raffinate e innovative, anche sotto il profilo tecnologico, oltre che esteticamente gradevoli, a conferma della notevole capacità progettuale italiana nel campo del patrimonio culturale.

Tecnologico e sostenibile

Il pavimento sarà in legno, 24 unità meccaniche che consentono un completo ricambio di aria in soli trenta minuti garantiscono un efficace sistema di ventilazione. La possibilità di coprire e scoprire gli ambienti sotterranei (guarda il video) attraverso lo scorrimento lungo i binari di listelli di legno posti di taglio o di piatto, offre flessibilità e consente anche di superare alcuni dei timori espressi da qualche critico.

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Levata di scudi

Le critiche finora presentate da varie parti sono state, com’era prevedibile, numerose, alcune delle quali anche legittime e condivisibili; possono essere riassunte così:
1. I locali sotterranei fanno parte ormai della percezione e della visione storicizzata del monumento.
2. La copertura potrebbe danneggiare le strutture ipogeiche.
3. Non si potranno più osservare i locali ipogeici dall’alto.
4. Ci sono strutture tardoantiche poste a una quota più alta la cui conservazione potrebbe essere problematica.
5. In realtà si vuole realizzare l’arena per organizzare spettacoli e manifestazioni, con il rischio di “mercificazione” del Colosseo.
6. Ci sono ben altre esigenze, per cui utilizzare 18,5 milioni per questo progetto è uno spreco.

Ma… tutto cambia

All’obiezione 1 si può rispondere che un monumento è un organismo vivo, le cui funzioni cambiano molto nel corso del tempo; non è pensabile che non si possano apportare modifiche, alla luce delle esigenze e anche degli inevitabili, e positivi, cambiamenti di idee e visioni culturali, ovviamente sempre nel rispetto delle esigenze di tutela.

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Il Colosseo è stato tante cose nel corso dei secoli: luogo per spettacoli gladiatori, monumento in abbandono in età tardoantica e altomedievale, occupato da abitazioni sistemate nei corridoi anulari, poi tra XII e XIII fortezza della famiglia Frangipane, cava per recuperare materiali per costruire San Pietro, luogo di culto, sede di una cappella e delle edicole della Via Crucis.

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La copertura proteggerà gli scavi

Furono gli scavi archeologici ottocenteschi che portarono al disseppellimento degli ambienti ipogei. Quindi quei locali, inizialmente pensati per essere coperti, solo in tempi relativamente recenti sono stati portati alla luce del sole, per effetto degli scavi archeologici, per decenni esposti alle intemperie e a un grave processo di degrado, con umidità, muffe, parassiti e altri agenti patogeni.

Colosseum

La copertura semmai li proteggerà (contrariamente a quanto pensano coloro che avanzano la critica al punto 2), come si può verificare in quella parte già coperta anni fa dal soprintendente Adriano La Regina, che ricostruì una piccola porzione della pavimentazione dell’arena.

Ipogei da riscoprire

La soluzione dei listelli di legno girevoli e scorrevoli non solo garantisce una notevole circolazione d’aria negli ambienti sotterranei ma consente anche di poterli osservare dall’alto come accade ora (punto 3): mi auguro, però, che i visitatori possano scendere negli ipogei per visitarli direttamente, avendo una migliore percezione di quegli spazi, coperti, bui, un tempo popolati da gladiatori, belve, schiavi, personale addetto all’allestimento dei giochi, medici..

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I pannelli di legno scorrevoli previsti per la copertura

Una visita in soggettiva

Con questo progetto sarà possibile camminare sulla pavimentazione nel cuore del Colosseo: una sensazione impagabile per percepire la maestosità del monumento, con gli occhi di chi si esibiva nell’arena e non solo con quelli del pubblico che li seguiva dall’alto.

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Il pavimento, insomma, restituisce al monumento una possibilità di comprensione per tutti, non solo agli specialisti. Non conosco ancora nei dettagli il progetto, ma immagino che la pavimentazione sia stata ideata in modo da non danneggiare anche le murature più tarde (punto 4); in caso contrario, si dovrà trovare una soluzione in fase attuativa.

Valorizzato e protetto

Alle ultime due obiezioni non è semplice rispondere, perché in realtà sono quelle più sollecitate da posizioni ideologiche. Pensare che sia un errore destinare risorse certamente significative (relative peraltro a uno specifico fondo destinato solo a grandi progetti strategici) a un monumento simbolo dell’Italia nel mondo, il più visitato in assoluto, per renderlo meglio comprensibile, più protetto e ancor più fruibile, mi sembra alquanto miope.

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Quanto ai possibili usi, posso solo auspicare che sia il Parco a decidere gli eventuali programmi di iniziative culturali da ospitare: credo che l’unico vero vincolo debba essere la tutela fisica del monumento, per cui ogni iniziativa dovrebbe essere compatibile con questa irrinunciabile esigenza.

cartolina

Auspico che, come ha sottolineato Manacorda, più che un’arena si realizzi una “piazza”, un po’ com’era nel Medioevo, quando la platea communis era viva e vitale. Spero, cioè, che questa nuova configurazione del Colosseo non sia funzionale solo al turismo di massa ma anche e soprattutto al riavvicinamento dei cittadini, dei romani, immaginandolo come un nuovo spazio urbano di produzione e fruizione culturale.

Giuliano Volpe
ordinario di Archeologia all’Università di Bari
già presidente Consiglio superiore Beni culturali e paesaggistici

Sergio Rinaldi Tufi: i perché del no

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Sul fronte opposto si pone l’archeologo Sergio Rinaldi Tufi che già prima dell’approvazione del progetto avanzava domande “scomode” al direttore del Parco del Colosseo, Alfonsina Russo. Ecco a seguire alcuni degli interrogativi più “stringenti”:

1: I sotterranei dell’arena, oggi ben visibili (e di recente attentamente studiati da una missione dell’Istituto Archeologico Germanico di Roma), come saranno fruibili quando saranno coperti? Quell’estesa rete di corridoi, ambienti, alloggiamenti per ascensori come reggeranno l’“impatto” di un’arena nuova?
2: In ogni caso, sarà sottratta ai visitatori la visuale diretta “dall’alto” del più grande “backstage” o “dietro le quinte” (anzi “sotto la scena”…) del mondo antico. Volendo vivacizzare la situazione, si poteva puntare sulle luci come ha fatto da anni Piero Angela con Paco Lanciano al Foro di Augusto, “evidenziando” man mano i vari ambienti (qui i gladiatori aspettavano il loro turno… qui le belve… qui gli ascensori che le facevano salire all’arena…). Fruizione efficace e relativamente semplice, mentre ora per la visita dei sotterranei che ridivengono sotterranei bisognerà dispiegare prodigi di tecnologia, di comunicazione e didattica.
3: Che cosa si farà sopra l’arena? Alcuni archeologi, anche illustri, hanno parlato di gare di lotta greco-romana o (ancor peggio) di «ogni possibile evento della vita contemporanea». Sarà un bene restare in questa dimensione, e che le “grandi adunate” sia meglio lasciarle all’esterno, dove oltretutto c’è molto più spazio…?

Sergio Rinaldi Tufi
già docente di Archeologia delle province romane all’Università di Urbino
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view post Posted on 10/6/2021, 21:40
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Il Colosso di Rodi? È a Civitavecchia

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Sorpresa dai magazzini
L’immagine di una delle sette meraviglie dell’antichità riaffiora dai depositi del Museo Archeologico Nazionale di Civitavecchia. La riapertura al pubblico del Museo è stata infatti l’occasione anche per una revisione generale degli allestimenti con il coordinamento della direttrice Lara Anniboletti e dell’archeologo Alessandro Mandolesi.

Pezzo da novanta
In particolare, la ricognizione nei magazzini ha permesso di riscoprire all’interno di una cassetta, confusa fra numerosi materiali in pietra, tre importanti frammenti in marmo greco, quasi dimenticati, appartenenti a una delle statue più belle e pregiate presenti nel Museo.

Magnifico (giovanissimo) Apollo
I ritrovamenti in questione gettano infatti nuova luce su uno dei protagonisti indiscussi dell’Archeologico di Civitavecchia: un dinamico Apollo alto circa due metri.
Metti un Apollo in Villa
L’opera, databile al I-II sec. d.C. come il più celebre e restaurato Apollo Belvedere dei Musei Vaticani – considerato replica di un bronzo dello scultore Leochares, a cui era stato a torto accostato anche l’Apollo di Civitavecchia, – è stata trovata nel 1957 all’interno di Villa Simonetti, nell’ambito della grande villa marittima del giureconsulto Ulpiano.

La statua si rinvenne mutila, con accanto i frammenti della gamba sinistra, della mano destra e della fiaccola impugnata, i quali, non reintegrati nel successivo restauro, “si persero” nei depositi del museo. Fino alla riscoperta di oggi.



Paolo Moreno sentenziò: «È la replica del Colosso di Rodi»
Su questa mirabile opera si sono concentrati in passato gli studi di Paolo Moreno, recentemente scomparso, specialista di scultura greca e autore di importanti saggi su Lisippo e sui Bronzi di Riace. Moreno, analizzando la combinazione tra fonti letterarie antiche e monumenti di collezioni archeologiche, ha evidenziato la grande qualità e l’importanza iconografica dell’Apollo di Civitavecchia, considerato niente meno che la replica del Colosso di Rodi.

L’originale era alto 32 metri
La grandiosa statua bronzea dedicata al Sole-Helios, massima divinità dell’isola, venne realizzata nel 293 a.C. da Carete di Lindo, fedele allievo di Lisippo. Era un’opera di inaudita altezza: raggiungeva infatti i 32 metri.



Innalzata per festeggiare la liberazione dall’assedio di Rodi da parte di Demetrio Poliorcete, nell’ambito delle guerre combattute fra gli eredi di Alessandro Magno, le fonti antiche ricordano il dio con in mano una fiaccola rivestita d’oro, a simboleggiare Fosforo, ossia il pianeta Venere visibile all’aurora nel momento in cui precede il Sole.

Fine “catastrofica”
Il colosso nudo di Carete fu abbattuto dal disastroso terremoto che sconvolse Rodi nel 228 a.C.; i suoi frammenti rimasero a terra per molto tempo, ricordati da Plinio il Vecchio (Naturalis Historia) per la grandiosità tanto che le dita erano più grandi di molte statue intere, e per le immense cavità che si aprivano fra le membra infrante.

Stesso carisma
Nella slanciata e armonica torsione del busto verso sinistra, l’Apollo-Helios di Civitavecchia porta, appoggiata alla schiena, la faretra chiusa con la tracolla e, con la mano sinistra abbassata, regge l’arco, desinente a testa di cigno.





È presumibile che nell’originale in bronzo l’arma fosse tenuta lateralmente, in modo da poggiare a terra con un’estremità e creare equilibrio alla parte destra del corpo, eccessivamente sbilanciata dal piede sollevato in punta e dal braccio destro alzato sopra il capo, a reggere la fiaccola ardente. L’arco doveva anche essere funzionale a nascondere i tiranti in ferro ricordati dalle fonti per fissare a terra l’opera colossale.
 
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